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Le vie armentarie, collegamento tra la pianura veneta e la montagna: la transumanza tra storia e tradizioni

Sin dai tempi più antichi l'Altopiano dei Sette Comuni e la pianura hanno intessuto importanti rapporti di scambio. Con la presenza dei romani nel Veneto i punti di accesso verso il nord Europa diventano particolarmente strategici, sia dal punto di vista militare che economico, attivando strade di transito e commerciali di grande rilevanza. 
La presenza di pascoli aveva fatto definire le montagne dell’Altopiano di Asiago con il termine di “alpes”, cioè luoghi di alpeggio per gli ovini nel periodo da aprile ad ottobre, per poi scendere in pianura nel periodo invernale per stanziare. La pastorizia rivestiva un ruolo talmente importante che furono costruite vere e proprie strade, le “vie armentarie”, per collegare la pianura ai pascoli montani. Un di queste era l’Arzeron della Regina che collegava e collega Padova all’Altopiano, il cui tracciato è in parte ancora visibile e percorribile da Padova, lungo il Brenta, fino alle pendici dell’Altopiano. 
La produzione e commercializzazione della lana e dei panni, infatti, si sviluppò in Veneto a partire dal XII, ma è con l’espansione della Repubblica di Venezia in Terraferma che crebbe di qualità sino ad arrivare ad essere considerata nel Quattrocento la migliore lana d’Italia ed a spuntare prezzi addirittura paragonabili a quelli della migliore lana inglese, la materia prima di più alta qualità per antonomasia.  Tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900 alcune famiglie dell’Altopiano lasciano le loro case per cercar fortuna altrove. La pastorizia, infatti, per secoli attività principale, entrò in crisi, determinando forti cambiamenti sociali e culturali. Molte famiglie si insediarono ai piedi dell’Altopiano, in particolar modo ai confini tra Vicenza e Padova, in luoghi caratterizzati da risorgive e prati stabili, dove gli ex-pastori, passarono  all’allevamento bovino, per esercitare  più agevolmente la loro attività. Inizia così la storia della Transumanza dei tempi moderni, che vede l’alternarsi lungo l’antico Arzeron della Regina greggi di pecore e mandrie di vacche Rendene e Burline.

L’Arzeron della Regina e la Via della lana

La storia traccia una via armentaria in uscita dalla Padova romana, in direzione nord, denominata “Arzeron della Regina” che  saliva verso l’Altopiano, attraversando Marostica. Il termine “Regina” pare spiegarsi nell’uso medioevale di chiamare così strade importanti, poi magari dedicate a una precisa autorità politica (forse pure per confusione con la parola “regio” che i Romani usavano per definire delle precise zone geografiche).  “Arzeron” sta invece ad indicare chiaramente un grosso argine, dalla parola agger (= argine) di origine romana.
Il tracciato, ricavato da un precedente percorso paleoveneto e romano, univa Padova a Marostica ed aveva un’altezza tra i 3 e i 5 metri e una larghezza di 30. Questo grosso terrapieno dalla sezione di trapezio, che si elevava anche oltre i 4 metri nelle zone paludose, sicuramente correva dall’intersezione con la via Postumia verso Padova, passando per Montà, Ponte Molino, via Beato Pellegrino.  Spianato a più riprese dalla popolazione conserva due tratti, uno in via San Bortolo e l’altro accanto a villa Ottoboni.  Dopo Ponterotto arriva fino a Taggì e Villafranca e per secoli fu usato come via di transito, soprattutto per le greggi che dovevano raggiungere l’altipiano di Asiago. Un’ipotesi attuale è che l’arzeron sia nato inizialmente per contenere le piene del Brenta verso Ovest, quindi come opera idraulica, ma che poi nel tempo sia stato trasformato in una via commerciale importante, la via della lana, sulla quale transitarono generazioni di pastori con le loro pecore la cui lana fu una notevole risorsa economica per la città patavina. 
I pastori e le greggi, giunte a Marostica, passavano per Piazza Ortigara in Borgo Giara, lo “sbocco di valle”, dominato dal Monte dal  Pauso, per proseguire verso nord,  camminando lungo i sentieri che portano a Crosara e da qui ad Asiago, percorrendo la Val d’Inverno e l’antica strada del Sejo.

Pecore e armenti

Il cammino verso i verdi prati dell’altopiano in primavera o, al contrario il ritorno nei recinti e ripari della pianura ai primi dell’autunno era un viaggio lento e lungo: la percorrenza  richiedeva diversi giorni, con partenze al primo albeggiare. 
Non tutte le razze di pecore o bovini sono adatte a questo viaggio. Bisogna avere animali rustici, docili nel percorso, capaci di adattarsi al cambio dell’alimentazione e nel contempo in grado di avere una buona produzione, in molti casi le greggi che si formavano erano composte da piu’ proprietari, che si uniscono per condividere le fatiche del viaggi: talvolta questi capi (anche solo uno o due animali) erano tutta la loro ricchezza. Tra le pecore, la razza Foza,  era la piu’ richiesta, di indole alpina, robusta e docile. Tra i bovini i piu’ diffusi erano le razze Rendene o le Burline, animali tozzi, dalle gambe forti, parchi nel mangiare ma in grado di dare “na bona late…”, ricco di proteine e di grassi.